costruire in laterizio
n. 129, maggio-giugno 2009
Il tema della riqualificazione o del recupero dei volumi dei cinema-teatro in disuso in buona parte delle città italiane, sostituiti ormai dagli enormi capannoni industriali dei "multisala", è di estrema attualità.
Se da un lato le amministrazioni pubbliche e i privati mostrano interesse (culturale ed economico) a recuperare tali edifici, e quindi le aree da essi occupate, dall'altro i cittadini appaiono sempre restii a questo tipo di operazioni, in quanto il legame affettivo a determinati luoghi può provocare il rifiuto alla loro trasformazione.
Anche nel caso di Bologna, il cinema-teatro Apollo è sempre stato avvolto da un fascino particolare che andava al di là del suo reale valore estetico e culturale. In questi casi, però, la sensibilità di chi progetta l'intervento di recupero, le soluzioni tecnologiche adottate ed i materiali utilizzati possono contribuire a ricreare situazioni che, seppur contemporanee, appaiono già storicizzate nell'immaginario collettivo, riuscendo nuovamente a trasmettere e a richiamare particolari sensazioni.
Urbanisticamente, la demolizione dell'ex cinema ed il recupero del volume esistente nascono dall'approvazione della norma comunale della città di Bologna che definisce e regolamenta l'applicazione del REV, ovvero del Recupero degli Esistenti Volumi.
Il nuovo complesso residenziale si discosta fortemente sia dal volume pre-esistente che dal patrimonio edilizio circostante; la scelta progettuale, infatti, è stata proprio quella di realizzare un'opera architettonica autonoma, in grado di essere identificata come un elemento a sé stante, sapientemente innestata nel contesto.
La nuova costruzione si sviluppa per quattro piani fuori terra e due interrati, nei quali si allineano i posti auto; il piano terra ospita spazi per attività commerciali, mentre quelli superiori sono destinati a residenze e sono serviti da due corpi scala.
L'edificio si presenta massivo, sia per l'utilizzo del rivestimento in laterizio e di quello in alluminio preverniciato di colore marrone scuro degli infissi, dei rivestimenti, della falda e delle rifiniture, sia per la conformazione planivolumetrica tramandata dal corpo originario. Per il rivestimento delle facciate è stato scelto il "cotto", in quanto, oltre a garantire le caratteristiche fisiche e prestazionali necessarie all'intervento, è un materiale che appartiene alla cultura e alla tradizione dell'edilizia locale e, di conseguenza, contribuisce a sintonizzare il "nuovo" con l'"esistente".
L'utilizzo del laterizio, da un lato rappresenta visivamente la continuità rispetto al passato, dall'altro esprime la flessibilità evolutiva di un prodotto capace di rispondere alle nuove e più articolate aspettative tecnologiche del costruire del nostro tempo.
Molti esempi dell'architettura contemporanea mostrano come sia tendenzialmente forte il ritorno all'uso della terracotta, soprattutto nelle facciate, attraverso due linee di tendenza ben definite: la prima costituita da un progressivo sconfinamento dell'uso del materiale allo strato più esterno dell'involucro; la seconda rappresentata da una crescente attenzione per le modalità di assemblaggio a secco degli elementi e connessa alla sempre più diffusa penetrazione di logiche e metodi di produzione industriale anche in un settore legato a tecniche di costruzione di grande tradizione.
La soluzione tecnologica adottata è stata, in questo caso, quella dell'assemblaggio a secco (soluzione già impiegata da Trebbi in altri progetti, tra cui il recupero dello Starhotel Tuscany a Firenze), grazie alla quale il progettista denuncia chiaramente la contemporaneità del suo progetto.
Il laterizio, infatti, è un materiale che, pur essendo antico e storicizzato, ha sempre dimostrato di essere in grado di rinnovarsi morfologicamente e prestazionalmente, sia all'interno della stessa architettura, sia confrontandosi e interfacciandosi con materiali da costruzione apparentemente più "moderni". Naturalmente il passaggio dal montaggio a umido a quello a secco nelle soluzioni di pareti in laterizio (mediante l'utilizzo di sistemi integrati con materiali quali il metallo e il vetro) determina una trasformazione della classica struttura della muratura, riproponendo una tecnica più affine a quella della carpenteria con soluzioni, di ancoraggio e di fissaggio, molto più flessibili rispetto alle tolleranze e alle esigenze dell'esecuzione e della manutenzione dell'organismo edilizio tradizionale.
La pelle che avvolge il nuovo edificio di Bologna è realizzata con un rivestimento in "cotto" di colore rosso naturale, con superficie arrotata rustica, e si compone di due elementi contraddistinti: tavelle alte 30 cm., lunghe cm. 30 e cm. 60 e di 2,5 cm. di spessore, per le parti opache e baguettes di 50 cm. di lunghezza e di mm. 40x50 di sezione, poste in opera equidistanziate reciprocamente ogni 5 cm. di vuoto, per schermare i varchi pertinenziali ai servizi igienici, ai vani scala e agli ambienti al piano terra maggiormente esposti alla vista dall'esterno. Il pacchetto di facciata, pertanto, è costituito da un sistema di montanti verticali in alluminio, ancorati agli elementi strutturali e alle pareti di tamponamento tramite staffe ad ‘L' asolate, che permettono di regolarizzare il piano della facciata secondo le tre direzioni principali. Il rivestimento in laterizio viene collegato alla sottostruttura con molle di acciaio inossidabile inserite in kerf opportunamente predisposti sulle due teste delle lastre in "cotto". Le baguettes sono sostenute da profilati metallici (20x20 mm.) inseriti al loro interno, a loro volta fissati a montanti verticali posti in posizione arretrata rispetto al filo del faccia a vista.
Il montaggio degli elementi di rivestimento crea in facciata ricorsi orizzontali, scandendo il passo ogni due lastre, e nel contempo il vuoto che si determina verticalmente tra lo schermo e la parete di tamponamento consente di contenere i discendenti dell'impianto di smaltimento delle acque meteoriche ed ogni altra tubazione. I punti di discontinuità sono risolti applicando accostati elementi di rivestimento tagliati a 45°, mentre i davanzali sono rifiniti con carter in alluminio preverniciato di colore marrone scuro. Gli imbotti delle aperture, ovvero gli architravi e i fianchi, sono realizzati con lo stesso rivestimento in "cotto", per non interrompere la continuità materica: in questo caso, il sistema di ancoraggio è talvolta integrato dall'applicazione a umido.
La stessa pavimentazione degli spazi esterni è in lastre incollate di "cotto", ad ulteriore dimostrazione di come l'architetto Andrea Trebbi affidi anche al materiale il compito di rievocare sensazioni radicate nell'immaginario collettivo, lasciando alla tecnologia costruttiva quello di far emergere l'edificio dal contesto ambientale e di renderlo immediatamente identificabile.